Lada Niva 1.6 by Germano – DALLA STEPPA AL TRIAL

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Più passano gli anni, più i gloriosi fuoristrada degli anni 70, 80 e 90 acquistano fascino. E tuttora c’è una vasta schiera di appassionati che si dedica a preparare i vecchi 4×4 per l’off road, facendo ricorso ad una buona dose di inventiva e all’ampia disponibilità di accessori che si è creata nel mondo. Un bell’esempio lo dà questo fuoristradista molisano, che ha reso la sua Niva una trialista coi fiocchi

Testo di Francesco Fatichenti

L’AUTORE
Giuseppe Germano vive a Cercemaggiore, in provincia di Campobasso, e di professione fa il barbiere. Potete contattarlo alla mail: giuseppeladaniva@gmail.com.

PRO
– Motore brillante
– Trasmissione migliorata e completa
– Escursione sospensioni

CONTRO
– Scarsa guidabilità in velocità
– Modifiche non omologate

Escludendo (direi ovviamente) i prototipi sportivi che della piccola 4×4 costruita a Togliattigrad avevano solo la carrozzeria, non ci ricordiamo di un’altra Niva performante nell’off road e aggressiva, anche nel look, come quella che si è costruito Giuseppe Germano. Nel 2012, dopo un’uscita in fuoristrada domenicale a bordo della Niva di un suo amico (che ne possiede ben 4, oltre a una UAZ), Giuseppe si è innamorato della 4×4 russa e ne ha acquistata una del 1992, con il 1.6 benzina a carburatore.

Il suo primo, e tuttora unico, fuoristrada. Da allora non ha mai smesso di elaborare la Niva, effettuando la maggior parte dei lavori nel garage di casa, per renderla più performante nel trial e più affidabile. Per prima cosa ha montato gomme maggiorate (all’inizio delle 205/80 R 16 su cerchi Vitara), che hanno richiesto una riprofilatura dei parafanghi. Poi ha rialzato l’assetto e poi, via via, ha apportato tutte le modifiche che l’hanno resa come la vedete nelle foto.

Come detto, Giuseppe ha apportato personalmente la gran parte delle modifiche, tra cui l’applicazione di un nuovo carburatore Weber da 32 che ha potenziato il motore, ma per i lavori meccanici più impegnativi è ricorso all’esperienza di Renato Rocco, titolare della RRF,  l’officina di Gildone (CB) specializzata in preparazioni off road estreme (https://www.facebook.com/RRF-Preparazioni-ed-Elaborazioni-Extreme-1418066801831680/) si è occupata di montare il riduttore della Suzuki Samurai con super ridotte (6.5:1), di alleggerire il volano, di installare i differenziali anteriore e posteriore autobloccanti e il servosterzo.

Giuseppe ha speso circa 11.000 euro per la preparazione complessiva, votata esclusivamente all’uso trialistico del veicolo, ma ora la Niva lo soddisfa appieno nelle uscite fuoristradistiche tra amici a cui è solito partecipare. È bene sottolineare che questa vettura non circola su strada, ma viene trasportata sui percorsi fuoristradistici con un carro attrezzi.

Rispetto alla Niva originale c’è un abisso. Il motore ha cambiato volto grazie soprattutto al nuovo carburatore. La potenza massima è salita di una decina di cavalli dai 76 originari, ma il vero guadagno si è avuto di coppia motrice, che ora è corposa anche ai bassi regimi. Se il 1.6 di serie dà il meglio di sé agli alti regimi, facendo fatica ad arrivare al massimo dei giri, ora spinge bene già da 1.500 giri e, grazie anche al volano alleggerito, sale assai rapido e senza incertezze fino a oltre 5.000 giri.

“La macchina diverte molto anche perché ha i rapporti parecchio corti” dice Giuseppe. Per farvi capire, la terza ridotta attuale corrisponde alla prima ridotta originale. Pertanto, le marce che si sfruttano di più in fuoristrada sono la seconda e la terza ridotte, mentre la prima ridotta, cortissima, si usa solo per superare pendenze ripidissime con fondo dalla buona aderenza, dove sale praticamente da sola, senza bisogno di accelerare. Questa rapportatura permette di “tirare” senza alcun problema le gomme maggiorate (7.50 R 16).

Quanto alle sospensioni, grazie agli interventi effettuati l’escursione posteriore è aumentata in modo impressionante, specialmente in estensione, ed anche quella anteriore è notevole. L’assetto ha una taratura morbida, improntata al trial come tutta la vettura. Questo, unito al fatto che per incrementare l’escursione è stata eliminata la barra stabilizzatrice anteriore, origina un rollìo evidente che penalizza la guidabilità ad alte velocità. La nuova scatola dello sterzo della Mercedes G, inoltre, era stata resa parecchio più diretta per le competizioni da trial, per cui ora lo sterzo è sensibilissimo e richiede un po’ di accortezza nella guida.

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Il motore 1.6 a benzina di derivazione Fiat, che di serie sviluppa 76 cavalli, è stato potenziato e ottimizzato con alcune modifiche.

Il carburatore originale è stato sostituito con uno maggiorato, un Weber 32 DGR doppio corpo, ed è stato adottato un filtro dell’aria sportivo (dentro la scatola originale). L’aspirazione è prolungata fin sul tetto con uno snorkel realizzato artigianalmente in alluminio. Le candele sono delle Beru a 4 punte alimentate da cavi al silicone.

Il volano è stato alleggerito e lo scarico è stato accorciato a metà vettura, lasciando un solo silenziatore.

Il cambio è rimasto l’originale a 5 marce della Niva. Il riduttore invece è stato sostituito con quello della Suzuki Samurai 1.3, che è separato dal cambio come quello della 4×4 russa. Questa soluzione è stata dettata dal fatto che per il riduttore della Niva esiste un kit di super ridotte dal rapporto troppo blando (3.1 rispetto al 2.2 di serie). Nel riduttore giapponese, invece, è stato montato un kit di super ridotte con rapporto 6.5:1, che ha accorciato le marce lunghe del 20% e le ridotte del 187%, con piena soddisfazione del proprietario.

Il trapianto non è stato semplicissimo perché, per far coincidere i collegamenti con gli alberi di trasmissione, il riduttore è stato montato in posizione verticale. Per fissarlo sono state costruite delle staffe che si collegano agli attacchi originali della Niva, così la modifica è reversibile. Gli alberi di trasmissione, che sono rimasti gli originali della Niva, si collegano al riduttore giapponese tramite flange di accoppiamento costruite ad hoc.

Da notare che l’adozione del riduttore giapponese ha fatto perdere la configurazione di 4×4 permanente: ora la trazione è posteriore con l’anteriore inseribile.

Essendo posizionato verticale, il riduttore della Samurai sporge inferiomente e per proteggerlo dagli urti è stata creata una struttura di protezione fatta di barre d’acciaio imbullonate con contropiastre alla carrozzeria (che, lo ricordiamo, sulla Niva è portante). Nella parte anteriore la struttura è raccordata ad una slitta d’acciaio che evita gli impuntamenti sulle asperità.

Per massimizzare la trazione sono stati anche adottati nuovi differenziali anteriore e posteriore, gli autobloccanti prodotti dalla russa Val Racing. Il posteriore è a frizioni con bloccaggio fino al 90%, l’anteriore è un Torsen con bloccaggio al 70% (è più robusto ma per limiti strutturali arriva ad una minore percentuale di bloccaggio). I semiassi sono rimasti gli originali della Niva.

Da segnalare anche la modifica dei supporti della scatola del differenziale anteriore. Un problema tipico della Niva deriva dal fatto che la “boccia” di alluminio che contiene il differenziale anteriore è fissata con dei prigionieri al basamento del motore. Essendo questo collegamento rigido, quando la carcassa subisce degli urti è frequente che si spacchi, finendo per danneggiare anche il differenziale stesso. Per ovviare al problema è stato montato il kit prodotto dalla russa Lada Power, che si rifà alla soluzione adottata dalle Niva con motore diesel, e che consiste in piastre di fissaggio che rendono indipendente la scatola del differenziale e, essendo dotate di silent block, la rendono capace di assorbire gli urti senza danneggiarsi. La modifica funziona, dato che Giuseppe finora non ha mai rotto la scatola, un problema molto diffuso.

L’impianto sterzante è stato dotato di servoassistenza applicando la pompa della Suzuki Vitara abbinata alla scatola guida di una Mercedes G (foto in basso) che era stata modificata dal precedente proprietario per renderla molto più diretta.

Al sistema di sterzo è stato anche aggiunto un ammortizzatore (di serie la Niva ne è sprovvista), un Rancho per Jeep Wrangler TJ 4.0, per il quale sono stati costruiti i supporti, posizionato vicino alla ruota destra. L’impianto frenante è rimasto quello di serie della Niva.

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Le sospensioni posteriori sono state rialzate complessivamente di 9 cm, ottenuti con molle XT Automotive +4 cm, spessori da 3 cm in acciaio artigianali e infine piattelli di supporto delle molle rialzati di 2 cm (oltre che ruotati). Gli ammortizzatori sono i Rancho 5000 a gas, a taratura fissa.

La barra Panhard è stata ricostruita in acciaio pieno, più robusta della fragile originale a tubo, e della giusta lunghezza e altezza per riallineare il ponte. Da notare anche la presenza di catene di fine corsa sul ponte posteriore.

In seguito al rialzo, per consentire alle crociere dell’albero di trasmissione posteriore di lavorare con la giusta angolazione il ponte posteriore è stato ruotato allungando i puntoni superiori. Da notare come i puntoni inferiori sono stati rinforzati con barre d’acciaio saldate per tutta la lunghezza.

Anche le sospensioni anteriori, a ruote indipendenti, sono state rialzate, in questo caso di 7 cm, ottenuti con molle XT Automotive +4 cm e spessori di 3 cm sotto i piattelli inferiori. Anche la testina di fine corsa superiore ha l’attacco ribassato di 3 cm tramite uno spessore, ed il tampone di gomma di fine corsa è stato tagliato. I bracci delle sospensioni sono rimasti originali.

Generoso l’allargamento della carreggiata, ben 6 cm per ciascuna ruota, effettuato con l’applicazione di due distanziali in alluminio da 3 cm l’uno su ogni mozzo.

Per non far toccare le gomme la parte interna di tutti i passaruota, anteriori e posteriori, è stata tagliata e ricostruita con una nuova sagoma che fa guadagnare spazio. I sottoporta della carrozzeria sono protetti da un rivestimento di alluminio mandorlato. Da segnalare anche i vetri posteriori oscurati.

I pneumatici Ziarelli Extreme Forest sono marchiati 7.50, ma la misura in realtà è praticamente 255/85 R 16 (il diametro è quasi 83 cm). Sono montati sui cerchi in acciaio della Vitara, che hanno lo stesso PCD dei mozzi della Niva.

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Anteriormente il paraurti anteriore è stato eliminato ed il frontale è protetto da un bull bar ad A tubolare, a forma di stinger, che impedisce il ribaltamento in avanti del veicolo. È provvisto di ganci ad uso gravoso ed è utile anche per fissare il cavo del verricello, che è un 12.000 libbre imbullonato a una piastra di supporto della Traction 4×4, opportunamente modificata. La mascherina anteriore è stata rifatta in lamiera, con griglia centrale. I fari anteriori sono a LED, e anche i gruppi luci posizione/frecce sono stati rimpiazzati con barre a LED.

Nella parte posteriore della vettura spiccano l’assenza del paraurti e dei fari e la presenza di un secondo verricello da 3.500 libbre. La robusta barra del gancio di traino originale è stata utilizzata come supporto per il verricello e attacco per il gancio di recupero a uso gravoso, inoltre funge anche da paracolpi in fuoristrada.

Il serbatoio della benzina originale è stato sostituito da un serbatoio nautico in plastica da 45 litri collocato nel bagagliaio. I passaruota posteriori sono collegati tra loro da una barra d’acciaio della OMP in modo da irrigidire la carrozzeria, che altrimenti nei twist si torce troppo.

Decisamente racing l’abitacolo, arredato con volante sportivo OMP, pedaliera e pomello cambio, rivestimenti del pianale in alluminio mandorlato e pannelli interni delle portiere rifatti in lamiera zincata, più robusti e facili da pulire. Immancabili la radio CB, una Midland, e il compressore dell’aria, un XT Aumototive da 160 litri/minuto.

Di taglio sportivo anche i sedili in ecopelle forniti da Traction 4×4.

© 4×4 Magazine – RIPRODUZIONE RISERVATA

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