L’eccezionale arrivo in Italia di una delle due Land Rover protagoniste ci dà lo spunto per rievocare il primo dei tre epici raid automobilistici compiuti dagli studenti delle due famose università inglesi, lungo ben 25 mila miglia percorse attraverso il Continente Nero
Testo di Paolo Turinetti – Foto di Adam Bennett e Paolo Turinetti – Foto storiche: copyright Ross N. Charlton
Gli anni ’50, il dopoguerra. Il mondo aveva voglia di normalità, i giovani volevano viaggiare, conoscere, avevano sete di avventura. Gli inglesi pensavano che con un passaporto britannico e un mezzo decente si potesse raggiungere la fine del mondo.
Le opportunità non mancavano, la fantasia e l’ottimismo neanche. Come l’opportunità che un piccolo gruppo di universitari seppe cogliere e sfruttare nel migliore dei modi dando vita a tre spedizioni diventate famose come “Oxford and Cambridge Expedition“, e passate nell’immaginario collettivo come “i viaggi di una vita”, capaci di suscitare grandi emozioni tra gli appassionati dell’avventura e ancor più tra i Land Rover enthusiasts di tutto il mondo.
Nel 1954 si svolse il primo dei tre epici viaggi con denominatore comune gli studenti delle due famose università inglesi, la Oxford and Cambridge Trans-Africa Expedition.
L’idea originale prese forma in modo molto semplice nell’estate del 1953. Ad Hong Kong, durante una spensierata serata in un locale notturno, scattò una scommessa tra un gruppo di studenti: effettuare una gara automobilistica in Africa, viaggiando in senso orario, scendendo fino a Città del Capo (Sudafrica) per poi fare ritorno a Londra dalla costa ovest. Per dare ancora più sale all’idea, la stagione prescelta era quella in cui attraversare il Sahara è praticamente impossibile per il gran caldo mentre l’Etiopia è devastata dalla stagione delle piogge, con le strade costiere ridotte a fangaie impraticabili. Stando alle conoscenze dell’epoca nessun mezzo aveva mai percorso la strada tra Addis Abeba e Nairobi durante quel periodo.
Secondo il capogruppo Davis Walters quell’impresa non si poteva compiere ma, seguendo il cieco entusiasmo tipico degli studenti universitari, piano piano tutti i pezzi andarono al loro posto. Un ruolo fondamentale nella preparazione e nello sviluppo del viaggio lo giocò Adrian Cowell, noto come uno degli artefici della Far Eastern Expedition del 1955-56. Adrian, allora studente del primo anno a Cambridge, incontrò gli ideatori del raid ad Hong Kong e subito supportò l’idea, dando un notevole contributo all’organizzazione: pur non partecipando direttamente, ricoprì il ruolo di coordinatore “da casa” della spedizione, l’uomo a cui far riferimento in patria durante tutti i mesi del viaggio.
Rientrati a Cambridge, Adrian e lo stesso Walters, che divenne il leader della spedizione, si diedero da fare per mettere insieme i due team composti da tre membri ciascuno. Fecero delle selezioni e alla fine le squadre furono formate.
Oltre appunto a David Walters, ideatore nonché giornalista, protagonisti della spedizione furono Gethin Bradley, segretario del Cambridge University Automobil Club; Don Calman, giornalista e ricercatore storico; Ross Charlton, fotografo; Tony Morgan, capo meccanico e addetto al mantenimento dei veicoli; Buzz Pigot, navigatore.
Si trattava a quel punto di scegliere i veicoli e, sebbene ritenute non sufficientemente veloci, la scelta cadde sulle Land Rover grazie alla loro capacità di affrontare qualsiasi situazione di percorso si fosse presentata. La scelta fu fatta anche in virtù del fatto che inizialmente il raid doveva essere una corsa ma poi divenne una prova “endurance” dove la robustezza dei mezzi avrebbe giocato un ruolo fondamentale.
I mezzi furono richiesti direttamente alla Casa madre, ottenendo però una sonora risposta negativa. Il padre di David, titolare di una concessionaria Land Rover in Hong Kong, si offrì di ordinare le vetture ma, in seguito a una visita alla fabbrica di Solihull che i ragazzi effettuarono qualche tempo dopo, ci si accorse che nessun ordine era stato emesso. Mancavano tre mesi alla partenza. La fortuna arrivò insieme a un nuovo membro della spedizione, Tony Morgan, giunto come rimpiazzo di Barry Tall che aveva dovuto abbandonare per motivi di studio: grazie ad un buon contatto con l’importatore Doyle Motors di Guernsey, nelle Channel Islands, riuscì a “deviare” la consegna di due Series One 86 pollici Station Wagon a pochi giorni dalla data di inizio della spedizione.
Pieni di entusiasmo ma con risorse pecuniarie decisamente scarse, i nostri valutavano di avere denaro per raggiungere sì e no Il Cairo, ma un importante aiuto arrivò dalla compagnia petrolifera Shell che offrì loro il carburante necessario. In più, con grande intraprendenza, Buzz Pigot e Gethin Bradley andarono alla radio per pubblicizzare la loro iniziativa, riuscendo ad ottenere un buon numero di sponsorizzazioni.
Evidentemente quella che sembrava una pazza idea era stata capace di suscitare entusiasmo e fiducia in chi credeva che comunque avrebbe avuto un ritorno dall’aver dato un aiuto concreto ai sei ragazzi.
Il 15 giugno 1954 fu fissato un incontro con la stampa al Tea Centre di Londra, in Lower Regent Street. Le Land Rover, a cui furono dati i nomi di Isis (Oxford) e Granta (Cambridge), con tutti gli adesivi degli sponsor erano schierate in bella mostra fuori del palazzo per essere ammirate dagli appassionati presenti.
Finalmente il giorno dopo, 16 giugno, di buon’ora la spedizione partì alla volta di Ferryfield, nel Kent, dove le auto furono caricate sull’aereo Bristol Superfreighter della compagnia Silvercity Airway per essere trasportate oltremanica, all’aeroporto di Le Touquet.
Il viaggio, avventuroso oltre ogni immaginazione, si svolse da metà giugno al 4 dicembre 1954, protraendosi qualche mese più del previsto. Innumerevoli situazioni ostiche furono superate, passando dalle piste fangose lungo il corso del Nilo alle pietraie del Sudan. Mentre la spedizione si trovava al Cairo Buzz Pigot fu colpito da un’appendicite e dovette essere sostituito.
Per evitare piste divenute impraticabili con la stagione delle piogge lungo la strada per Nairobi le Land Rover si avventurarono fino a 3.000 metri su piste di montagna strette e fiancheggiate da pericolosi dirupi.
Da Nairobi a Città del Capo decisero poi di tentare un record sulla distanza percorrendo fino a 1.000 miglia al giorno con tutti i pericoli del caso, tanto che alla Granta capitò di ribaltarsi, per fortuna senza gravi conseguenze per l’equipaggio; alla Isis andò anche peggio poiché bruciò la guarnizione della testata, ponendo fine al tentativo. A metà agosto i due equipaggi raggiunsero finalmente Città del Capo, dove poterono concedersi un meritato riposo ed ebbero la possibilità di rimettere in sesto le due Land Rover provate dalla lunga strada percorsa.
Secondo i piani il ritorno doveva essere più veloce: ripartendo dal Sudafrica il 25 agosto, avrebbero avuto solo un mese di tempo.
I sei viaggiarono verso il Congo e poi il Lago Tanganika senza grossi problemi. In Camerun, quotidiane piogge torrenziali seguite da fitte nebbie accompagnarono le loro giornate. Attraversando una strada sommersa, le ruote di Granta scivolarono inesorabilmente verso valle facendola precipitare per 150 piedi in un boscoso dirupo. Grazie all’aiuto degli operai di un cantiere stradale della ditta Costans Costruction, l’auto venne faticosamente recuperata dopo ore di duro lavoro. La carrozzeria subì danni marginali ma il ponte posteriore era piegato in modo irreparabile e dovette essere sostituito cannibalizzando una Land Rover trovata abbandonata a Port Victoria.
Da qui il viaggio di ritorno sembrò prendere una piega epica, con ogni genere di guaio e imprevisto, come la perdita dei freni di entrambe le vetture, con un paio di conseguenti tamponamenti; una delle due vetture che trainava l’altra per andare avanti in qualche modo; una strada chiusa per sette giorni in Nigeria; per non parlare dell’attraversamento del deserto del Sahara lungo 1.315 miglia, con il provvidenziale rifornimento di carburante alla stazione Balise 250. Alla fine venne raggiunto il Marocco, e da Casablanca un traghetto trasportò il gruppo a Gibilterra. Dopo l’abbandono, per raggiunti limiti di tempo, da parte di alcuni componenti della spedizione, il 4 dicembre, dopo 25.000 miglia, le due Land Rover fecero ritorno in patria.
La Cambridge in Italia
Grazie al grande appassionato inglese Adam Bennett quest’anno abbiamo avuto la fortuna di avere in Italia, dopo la Oxford, anche la Cambridge.
Al contrario dell’epica storia del recupero della Oxford, avvenuto addirittura nell’Isola di Sant’Elena, una delle più remote isole del mondo, nel bel mezzo dell’Atlantico, il ritrovamento della Cambridge da parte di Adam è stato abbastanza casuale.
Adam ci racconta che stava dando uno sguardo al forum del Series One Club quando l’attenzione cadde su un post che parlava di una Series One targata PAC519. Ben sapendo di cosa potesse trattarsi prese subito contatto con il proprietario e in breve concluse l’acquisto, dando in cambio una Defender 110 quasi nuova. Incredibilmente l’auto si trovava ricoverata in un capannone agricolo a non più di 40 miglia da casa sua a York.
Con un po’ di ricerche Adam è riuscito anche a ricostruire la storia della Cambridge. Al ritorno dalla spedizione, nel dicembre 1954, la macchina era stata portata da Ross Charlton in un garage a Londra. Il grande spazio sotterraneo era adibito a deposito di mezzi pesanti in quanto il proprietario si occupava di trasporti.
Senza freni, con la carrozzeria ridotta male in seguito agli incidenti e al capottamento subito cadendo in un dirupo, la Land era data per finita, senonché il titolare del garage, che aveva la passione per le auto d’epoca, decise di tenerla. Dopo aver iniziato a rimetterla in sesto, e probabilmente a sostituire la parte posteriore vetrata con un hard top, la macchina fu abbandonata e stoccata addirittura dietro un muro in compagnia di altri mezzi.
Dopo la morte di questo signore, il figlio decise di rimodernare il deposito e demolì il muro riportando alla luce alcune macchine di prestigio, delle sportive, 12 scocche di Mini Clubman e, naturalmente, la vecchia Land Rover. Non avendo un reale interesse per le macchine vecchie, pensò di vendere tutta la collezione del padre, domandandosi cosa ci facesse quel rottame insieme alle altre macchine di pregio.
Tutte le auto furono vendute e la Series One finì nelle mani di un contadino delle Midlands che la comprò ma in realtà non se occupò molto e, dopo 5 anni, la rivendette ad un giovane appassionato che iniziò a fare dei lavori di restauro e poi, come membro del Series One Club, pubblicò il post che fu poi visto da Adam.
Pieno di entusiasmo per questo nuovo, importante ritrovamento, Adam iniziò il restauro, coadiuvato dalla sua ormai fidata squadra che ha provveduto a smontare tutta la macchina. Il telaio è stato saldato nella parte strutturale sotto il cassoncino posteriore. Molta sabbia è uscita dagli scatolati dopo esserci rimasta per sessant’anni, raccolta chissà dove.
Il bulkhead ha richiesto molto lavoro date le brutte condizioni in cui si trovava. Per il ripristino della carrozzeria station wagon originale si è provveduto all’acquisto di un’altra 86″ vicinissima come numero di telaio, cannibalizzandola dei pezzi necessari. Il cambio è stato rifatto ma, come richiesto, è stato lasciato tutto lo sporco che lo ricopriva, così come per il motore. Alcuni pannelli in alluminio sono stati riparati e riverniciati eliminando il lavoro approssimativo fatto dai precedenti proprietari
Per favorire la mobilità sono stati installati una coppia di mozzi a ruota libera automatici MAP e l’overdrive. Come pneumatici sono stati scelti i bellissimi Avon Traction Mileage con il classico disegno storico, nella misura 7.00×16, più grandi degli originali 6.00×16 ma migliori nei lunghi trasferimenti.
Come per la Oxford, il team di lavoro ha rimesso insieme un pezzo unico della storia Land Rover lasciandone il più possibile intatto il vissuto. La Cambridge ha già preso parte alla festa per il ritorno della famosa sorella protagonista della spedizione The Last Overland Singapore-London, conclusasi recentemente.
A metà gennaio la Cambridge è arrivata a Torino, portata su strada da Warwick a Piossasco (Torino) da due appassionati inglesi, Nicholas e James, che hanno raccolto l’invito di Adam e si sono sobbarcati 1.500 km in 3 giorni di viaggio. La storica Series One è stata esposta nello stand del Land Rover Registro Storico Italiano all’Automotoretrò di Torino, è stata protagonista di set fotografici che hanno dato o daranno origine ad alcuni articoli, inoltre è stata esposta a fianco del nuovo Defender a Courmayeur in occasione di una giornata di presentazione del nuovo modello e di test drive organizzata dalla concessionaria biAuto di Torino in collaborazione con la Land Rover Experience.
Scheda tecnica Cambridge
Land Rover Series One 86″ Station Wagon
Anno di costruzione 1954
Telaio n. 47102450
Motore n. 47109249
Cambio n. 47109262
Motore a benzina, 4 cilindri, 1.997 cm3, 52 CV a 4.000 giri/min.
Cambio a 4 marce + rm con riduttore e overdrive, trazione 4×4 inseribile, mozzi a ruota libera automatici
Pneumatici Avon Traction Mileage 6.00×16 (attualmente 7.00 x 16)